Del concetto di passione ogni genoano ha ben chiari due sentimenti.
Uno quello derivante dalla strabocchevole fede che lo anima e l’altro, molto meno prosaico e forse più “sacro”, quello che sfocia nella paura.
Ogni maledetto fine stagione i proposti, i giuramenti e le esternazioni fanno riferimento alla successiva come una stagione in cui non soffrire.
Ed invece sul far della sera solo ogni campionato si è qui, carta, penna e calendario a fare i conti sui punti da conquistare e dove prenderli, lanciando un occhio al calendario delle dirette avversarie di sventura.
Non ce lo facciamo mancare nemmeno in questi giorni il fatidico ricorso alle altrui sventure.
C’è chi dice, a ragione, che bisogna chiudere la pratica già domenica contro il Sassuolo.
Tutto vero, ma come fare contro una delle compagini più attrezzate della massima serie? Basterà “strappargli” il cuore?
Se una manciata di anni fa mi avessero chiesto dove fosse quella ridente (?) cittadina, non avrei saputo rispondere.
Immaginatevi se mi avessero detto che il Genoa, il mio Genoa, si sarebbe apprestato a vivere una vigilia nella speranza che i baldanzosi neroverdi, possano incorrere in una giornata no.
Avrei cominciato a ridere di gusto.
Invece siamo ridotti così.
Da una parte una squadra di una cittadina e dall’altra il Genoa. Uno scontro impari, ma al contrario della logica.
Da una parte, soldi, programmazione, sviluppo, lungimiranza, baldanza e profitto.
Dall’altra debiti, improvvisazione, pressapochismo e sudditanza.
Questo è quello che stiamo vivendo.
Siamo stanchi di questa situazione che ha un solo vero, unico colpevole.
Ma già queste, così come altre millemila parole, passeranno inosservate, insentite, inascoltate.
Il giocattolo si sta rompendo, speriamo che se ne accorga prima che sia troppo tardi.
Intanto testa al Sassuolo, con animus pugnandi, nella speranza che gli emiliani incontrino una giornata no.
Un Davide contro Goliah alla rovescia.
Questo è quanto siamo costretti a vivere.
OGNI STAGIONE SOLITA PASSIONE
