17 Aprile 2024
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Genova

L’ETICHETTA

Mentre il nostro Genoa non riesce a tornare alla vittoria neppure in casa col Venezia e resta in torbide acque (a proposito: nelle residue 8 del girone d’andata ci toccano Roma, Lazio, Juve, Atalanta e Milan: ma dove li facciamo i punti???), questo weekend ha confermato una volta di più che il tifoso medio genoano è clamorosamente impaziente e appiccica delle etichette immeritate a giocatori o allenatori, che altrove si rivelano ottimi.
Alcuni esempi a seguire.

L’ultimo Genoa veramente bello da vedere si vide nei primi 4 mesi di Ivan Juric I, nell’autunno 2016 (3 a 1 ad una Juve fortissima, 3 a 0 al Milan).
A gennaio Preziosi decise improvvidamente di cedere Rincon e Pavoletti, oltre a un altro giocatore di cui parleremo in seguito, e la squadra crollò.
A fine anno il mister croato tornò dopo l’esonero e ci salvò, mentre le sue esperienze nelle due stagioni successive furono brevi e negative.
Tutti quanti lo ritennero un incapace.
Dopo il Genoa, per lui due grandi annate a Verona e un buon inizio a Torino.
Darko Lazovic, alla terza grande annata a Verona, invece rimase alla storia come “quello del gol incredibilmente mangiato in un derby” alla sua prima stagione qua (2015/2016).
In pratica a nulla gli sono valse buone prestazioni negli anni dopo qua per cancellare quel ricordo.
Miguel Veloso arrivò al Genoa dallo Sporting Lisbona nell’estate 2010, annunciato come grande colpo.
Signor giocatore con ottima tecnica e visione di gioco, rimase due anni (male il primo, nel secondo benissimo con Malesani, meno dopo).
Quando tornò nel 2016 invece fu sempre e solo considerato “il genero”, in quanto aveva “osato” sposare la figlia di Preziosi.
In 3 anni le sue prestazioni furono discrete; non fu eccezionale, ma la sua assenza pesava in termini di equilibrio, anche perché era più mobile rispetto alla prima esperienza.
Ciò non servì: fischi a profusione e addirittura striscioni beceri contro la moglie, “colpevole” di essere la figlia di Preziosi.
Anche per lui subito dopo annate ad alto livello a Verona dopo, come del resto aveva fatto nella Nazionale portoghese e alla Dynamo Kiev (non San Marino e il Fegino, con tutto il rispetto per loro) dal 2012 al 2016.
Chiudiamo con un giocatore clamorosamente dimenticato e ritenuto ai tempi “troppo discontinuo e grezzo tecnicamente”.
L’argentino Lucas Ocampos, ala dalla notevole statura, arrivò nel 2016 dal Marsiglia, da ex bambino prodigio del River Plate.
Dotato di un destro violento, ottimo colpo di testa e soprattutto grande potenza fisica e progressione.
Segnò alcune reti e spaccò letteralmente la partita con la Juve con le sue accelerazioni, mandando Dani Alves al manicomio.
Ovviamente alternò buone cose a pause, anche perché di anni ne aveva 22 ed era appena arrivato in Italia.
A gennaio Preziosi decise follemente di non riscattarlo a fine anno per soli 8 milioni e lì, va detto, trovò la compiacenza di Juric, che caldeggiò l’assurdo ritorno di Palladino, suo ex compagno qua e suo giocatore a Crotone in B l’anno prima.
Ocampos andò 6 mesi al Milan e fece male, poi tra Marsiglia e Siviglia è diventato un’ala di caratura internazionale e vale oltre 30 milioni.
Eppure nessuno o quasi si lamentò più di tanto ai tempi, l’argentino se ne andò senza che i tifosi lo rimpiangessero.
Misteriosamente, perché le qualità si vedevano.
Riflettiamo gente, riflettiamo.
Vittorio Semino
Vittorio Semino
Genovese, 30 anni, "malato" di calcio e ciclismo (non quello blucerchiato), il Grifone come fonte di gioia e (troppo spesso) amarezza.

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