17 Aprile 2024
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PIENO SOSTEGNO AI 777 PARTNERS, MA ORA CI VUOLE PRAGMATISMO.

Non poteva che finire così, con un derby perso di misura e un rigore sbagliato al 95° proprio dal giocatore che oggi meglio rappresenta il senso di appartenenza all’intera genoanità.
In quella palla dal dischetto c’era sì il grande coraggio di un uomo che sa caricarsi sulle spalle la responsabilità di una storia leggendaria, ma anche l’impotenza di fronte ad un ineludibile epilogo di un destino già scritto.
Un destino certamente già deciso nella scorsa estate, quando la vecchia proprietà, schiava di una scellerata gestione ormai in atto da svariati anni, aveva smembrato una squadra per lo più formata da giocatori in prestito, ma comunque in grado di salvarsi agevolmente sul finire del campionato.

Già lo sappiamo: l’autofinanziamento e l’autogestione, come soluzioni di risanamento così tanto invocate dal presidente Preziosi, avrebbero invece lasciato in eredità debiti non previsti che, secondo alcune notizie, spunterebbero ora come funghi; e a questo si aggiunga una squadra con un tasso tecnico non certo all’altezza della massima serie e soprattutto un preoccupante disamoramento tra i tifosi.
Ecco dunque la benedizione, la svolta epocale tanto aspettata fin dal secondo dopoguerra che dovrebbe riportare il Genoa ai fasti di un tempo.

La holding americana 777 Partners rileva il Grifone come importante pedina nella più ampia formazione di un network calcistico di squadre internazionali, e garantisce subito l’immissione di denaro fresco per far fronte alle prime, improcrastinabili pendenze.
Escono complessivamente 50 milioni di euro su un battito di ciglia per consentire alla navicella rossoblù di continuare a navigare in un mare del campionato sempre più tempestoso, ma che comunque infondono fiducia a tutto l’ambiente per un futuro solido, finanziariamente capiente e quindi foriero di risultati sportivi.
Del resto, lo stesso amministratore delegato Andreas Blazquez indica la strada del rafforzamento tecnico e strutturale del club in funzione di una futura e innovativa gestione fondata sull’autofinanziamento, raggiungibile in circa tre anni e, ovviamente, in serie A.
E’ allora lecito chiedersi quali potranno essere i meccanismi che potranno portare a questo obiettivo difficilmente riscontrabile all’estero, visto che persino in Spagna, dove pure esiste l’azionariato popolare e dove la pressione fiscale sui club è nettamente inferiore alla nostra, non si riesce a trovare un vero e proprio esempio di club professionistico fondato unicamente sull’autofinanziamento.

A prescindere da ciò, non c’è comunque alcun dubbio che la nuova proprietà debba essere sostenuta, incentivata e stimolata ad operare sempre al meglio e ad essere affiancata con entusiasmo nella prospettiva più volte dichiarata di conferire al Genoa una dimensione ed una visibilità internazionale.
E’ pur vero però che certi programmi si impostano al momento opportuno, con la dovuta gradualità, poiché non ci si può oggettivamente esimere dal dover fare i conti con le dinamiche, le mentalità e le logiche in vigore nei nostri mercati, anche quelli calcistici.
Unicamente in questo senso, cioè dal punto vista del ritorno d’immagine e dell’amplificazione mediatica del “ brand Genoa “, l’ingaggio di Andrij Schevchenko può anche essere considerata un’idea valida in generale, ma non certo per una squadra in una posizione di classifica così drammatica e con un basso livello tecnico medio, piena di doppioni nei vari ruoli e che dunque ha dovuto inevitabilmente pagare la scarsa esperienza dell’allenatore ucraino nel gestire situazioni così difficili e delicate.
Ecco dunque l’ingaggio soltanto a posteriori, rispetto a quello di Scheva, del direttore generale Johannes Spors, colui che, secondo gli intendimenti della nuova proprietà, dovrebbe nel lungo periodo uniformare l’identità di tutta l’organizzazione sportiva del club per renderla riconoscibile anche a livello internazionale; in seconda battuta, nell’immediato a Spors viene inoltre assegnato l’ingrato compito di condurre un mercato di gennaio volto a colmare le gravi lacune tecnico-tattiche della squadra e condurla così alla tanto agognata salvezza.

Mentre non è ancora possibile esprimere giudizi per il primo punto, per il secondo è lecito dire che, a fronte dell’importante budget messo ancora a disposizione da 777 Partners, ci si aspettava francamente di più.
Dispiace dirlo, ma scegliendo per lo più giocatori che non farebbero neppure la differenza in serie B, Spors non ha di fatto raggiunto l’obiettivo di rafforzare il Genoa per la salvezza; vero che il mercato si presentava difficilissimo, ma quando si può contare su una buona solidità economica e si deve invece fare i conti con il pericolo incombente di una retrocessione, sarebbe molto più pragmatico abbandonare temporaneamente l’obiettivo di prendere presunti giocatori di prospettiva e ingaggiarne altri già esperti per il campionato italiano.

Del resto, l’opera di Sabatini da gennaio alla Salernitana dimostra proprio questo.
E ciò sarebbe stato ancor più importante per dare ad Alexander Blessin, non certo esperto del calcio italiano, una squadra più competitiva, più completa tra i reparti e soprattutto adatta al modulo che lui dice di voler attuare, basato sul gioco veloce, il pressing e la superiorità numerica.
Blessin ha certamente dato una scossa emotiva alla squadra, esasperandone il pressing a tutto campo e rinsaldandone la fase difensiva che ha regalato importanti pareggi contro squadre come Roma, Atalanta e Inter, ma non ha però risolto la nota sterilità dell’attacco, che ha invece costretto la squadra a concedere 6 punti a Sampdoria e Spezia, 4 alla Salernitana e 2 a Venezia e Udinese.
Tra i mancati acquisti di gennaio figura sicuramente anche quello di un forte attaccante, ma in un’analisi più attenta rimane evidente l’incapacità della squadra nel creare occasioni da gol sulla base di schemi preparati e trasmessi proprio dallo staff tecnico.
Di fronte a questo stato di cose – che erano ben chiare fin dall’inizio del campionato ed ancor più alla vigilia del mercato di gennaio – non può meravigliare vedere il Genoa tenuto sì ancora in piedi dalla matematica ma ormai, di fatto, sull’orlo delle serie B.
La realtà insegna che la cadetteria non solo non si fa condizionare dai nomi blasonati, ma indica anche come il prossimo anno si presenterà estremamente competitiva, con squadre di grandi città, che possono contare su storia, tradizione e forti società alle spalle.
Questo vuol dire che 777 Partners, nel caso di una probabile retrocessione, dovranno pianificare con pragmatismo l’immediata risalita in serie A, affidandosi a dirigenti, giocatori e tecnici forti ma soprattutto esperti per vincere un campionato pieno di trappole come quello della cadetteria italiana.

Più che condivisibile dunque essere disposti a ricominciare dalla B pur di scrollarsi di dosso una vecchia gestione societaria pericolosa anche in un’ottica di fallimento; tuttavia, si deve essere anche consapevoli che essa, per un club come il Genoa, può rappresentare un’autentica tomba se non riuscisse l’impresa di una pronta risalita nella massima categoria.
Per il Genoa andare in serie B significa rimetterci sull’unghia – al netto di un pur cospicuo paracadute – circa 70/80 milioni di euro di gestione, per tacer delle drastiche riduzioni dei proventi televisivi e degli sponsor; significa trascinarsi dietro nel bilancio contratti principeschi stipulati per giocatori assolutamente inutili (uno su tutti: Caicedo) e subire una netta riduzione della visibilità nazionale e internazionale con negativi contraccolpi per il merchandising e l’attività di marketing, che curano il marchio ed il brand del club.
E, perché no, avere anche meno peso politico per una possibile assegnazione ex aequo dello scudetto 1924/25, che rappresenterebbe il riconoscimento della Stella sulla maglia e per il quale il Genoa è in lizza da diversi anni.
Dunque, sulla palla messa coraggiosamente sul dischetto da Mimmo Criscito – un altro capitano che rimarrà per sempre nella storia del Genoa alla stregua di De Vecchi, Turone, Onofri, Signorini e Rossi – hanno evidentemente pesato tutte queste cose, facendo trovare definitivamente spazio ad un destino già scritto.
Un destino amaro che spesso ha purtroppo accompagnato le glorie del club più antico d’Italia, quello che porta il nome della sua città e con cui ha intrecciato un legame indissolubile fin dai tempi in cui, ben prima dell’arrivo a Genova di James Spensley, i genovesi andavano ad imparare sul campo del Campasso a Sampierdarena il football IFAB dai maestri inglesi.
E’ da lì che bisogna ripartire: dall’orgoglio di interpretare fedelmente la cultura di una città e da quella primogenitura che ha insegnato a tutti le regole del calcio moderno in Italia. ❤️💙🌟

Giancarlo Rizzoglio

Andrea Stegani
Andrea Steganihttps://www.realtagenoana.it/2021/02/05/mio-padre-genoano/
47 anni, grafico web designer. Il Genoa è la mia malattia fin da bambino. Mi ritrovo molto in questa citazione: non amo il calcio, amo il Genoa!

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