19 Aprile 2024
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IL DITO PUNTATO

La premessa è d’obbligo: detesto il vittimismo e detesto il complottismo.
Non penso che nessuno, neppure l’Udinese, abbia regalato nulla alla Salernitana nelle ultime giornate; non penso che il Torino abbia gentilmente omaggiato il Venezia in casa propria mesi fa; non credo infine che lo Spezia, la squadra con più fattore C di tutte in Italia, abbia vinto partite contro avversarie accomodanti, anzi non si sa bene come ha battuto squadre in lotta Scudetto.
Di partite alquanto “bizzarre”, con avversarie di turno praticamente assenti, ne ho viste 3 in tutto il campionato: Sampdoria – Sassuolo, Sampdoria – Empoli e Cagliari – Sassuolo.
Che il Genoa sia mal visto, non solo dai doriani ma da oltre mezza Italia, è un amaro dato di fatto, frutto di campionati pietosi e quant’altro; che ogni volta a livello nazionale venga puntato il dito contro la nostra squadra rappresenta però una vergogna.
Intendiamoci, la Juve è venuta a giocare qua senza obiettivi e con una finale di Coppa Italia in vista e solo a tratti ha premuto sull’acceleratore, caratteristica di cui i bianconeri non sono certo maestri nella stagione che volge al termine.
Ha giocato rilassata e sull’1 a 0 per loro, mentre noi palesavamo la classica impotenza, ha sfiorato in almeno 2 o 3 occasioni il raddoppio, trovando un Sirigu all’altezza ed un palo incredibile con Dybala.
Dopodiché Kean, infortunato, ha sbagliato sul risultato di parità a porta quasi vuota ed è in ultimo giunto il rigore a nostro favore al minuto 95.
In pratica la nostra partita fino all’1 a 1 di Gudmundsson è stata appena dignitosa e molto confusa, la Juve ha vagamente tentato di approfittarne senza riuscirvi.
Poi sono venuti fuori 10 minuti di fuoco e orgoglio del Grifone.
Se una squadra si è venduta una partita, non incassa il gol della sconfitta al 95′ e non coglie un palo pieno quando è già in vantaggio.
E perchè mai una squadra al 99 % condannata alla B dovrebbe comprarsela?!
E ancora: la Juve resta la Juve, del Genoa e di regalargli punti non gliene può fregare di meno, che sia di Preziosi, dei 777 o del cane Gunther.
Peraltro è pure finito il tempo delle mele tra Genoa e Juve di preziosiana memoria.
Riavvolgiamo il nastro indietro proprio all’epoca dell’ex presidente, all’epoca delle ultime salvezze all’ultimo turno.
Altri ululati e latrati di chiunque in Italia, ma il presunto biscotto Fiorentina – Genoa del 2019 arrivò dopo una striscia improvvisa e trionfale dell’Empoli, che prima non vinceva una partita e poi affrontò a fine anno avversarie (tra cui la Samp) in bermuda, paperelle e secchiello, cogliendo vittorie a grappoli.
Eppure solo il Genoa fu accusato del tortone primaverile, perché l’Empoli era considerato la bella favola.
Si ricorda infine che, biscotto o non biscotto, sarebbe stato sufficiente il pari dell’Empoli a San Siro, sfiorato più volte, per mandarci giù.
Un anno dopo fu il turno della contestata Genoa – Verona, squadra che non aveva nulla da chiedere e guidata dall’ex Juric.
Vittoria facile del Grifone, Lecce in B e giù contumelie, dagli all’untore rossoblù, quando solo un turno prima l’Udinese aveva concesso senza batter ciglio due gol ai salentini per la loro rimonta.
Questi ultimi addirittura persero l’ultima giornata in casa col Parma, nessuno lo notò ovviamente.
Tornando indietro nel tempo, annus Domini 2012, mentre il Genoa vinceva contro il Palermo del famoso Brichetto in porta a Marassi, il Lecce, di nuovo nostro concorrente, perdeva a Verona col Chievo.
Anche senza Brichetto, poco sarebbe cambiato.
L’identificazione del Genoa come società demoniaca ed unica artefice di misfatti in serie è dunque fuorviante ed offensiva; pure tante pagine social a livello nazionale l’hanno colpevolmente amplificata.
Non si chiede a nessuno di amare il Genoa, bastiamo già noi, o di incensarlo dopo stagioni da “Scherzi a parte”, ma di avere un minimo di rispetto e di valutare in modo obiettivo le specifiche situazioni.

Vittorio Semino
Vittorio Semino
Genovese, 30 anni, "malato" di calcio e ciclismo (non quello blucerchiato), il Grifone come fonte di gioia e (troppo spesso) amarezza.

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