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BIENVENIDO FELIPE!

Il Genoa con 6 giocatori nati calcisticamente sotto la lanterna, viene derubato di un punto dopo un’ignobile decisione presa la VAR che annulla un gol a Pandev.
Ma tra voci assordanti di passaggi societario e l’emozione che ci ha dato il gol di Andrea Cambiaso, che si pronuncia CambiaSo, con la S dolce, alla genovese, e non CambiaSSo alla argentina, il risultato della partita conta poco.
Abbiamo visto un Genoa nuovamente combattivo con 6 giocatori nati nel Genoa che hanno onorato la maglia.
E Cambiaso ha pianto dopo il gol, ricordando il nonno Genoano sfegatato che purtroppo non ha fatto in tempo a vedere il nipotino esordire al Ferraris e segnare sotto la Nord.

Ma il Genoa è Storia.
Il Genoa sono tante storie.
C’è quella emozionante di Andrea Cambiaso, con una S, dolce, e quella di Felipe Caicedo, ieri sera in tribuna.

Quella di Felipe Caicedo è una storia simile a quella di tanti sudamericani che sbarcano giovanissimi in Europa con la speranza di poter cambiare la loro vita.
Stavolta però il ragazzo non è un muratore o un operaio, bensì un calciatore.
Perchè anche nel calcio arrivano dal Sud America tanti giovani, portati nel vecchio continenti da agenti o intermediari che acquistano il cartellino di ragazzi promettenti a poche migliaia di euro dai genitori o da piccole società con la speranza di poterli poi rivende in futuro a cifre a sei zeri.
È successo con Tevez, Dybala e Aguero, ad esempio, ma anche con centinaia di ragazzi che si sono persi poi per strada, ed in casa nostra ne abbiamo visti parecchi…

Quella di Caicedo, però, è una storia diversa.
Una storia a lieto fine di un globetrotter che in 13 anni ha indossato 9 maglie diverse, girovagando dalla Svizzera all’Inghilterra, dal Portogallo alla Spagna con puntate in Russia e ad Abu Dhabi, per poi tornare in Spagna e, infine, arrivare nella Capitale.
Il tutto senza mai stare per più di 2 anni nella stessa città.

Approdato a 17 anni in Svizzera nelle giovanili del  Basilea, infatti, dopo aver esordito in prima squadra viene scelto dal Manchester City di Sven Gora Eriksson che sta muovendo i primi passi verso la vetta del calcio inglese ed europeo.
Caicedo approda in Inghilterra con un bagaglio di 16 gol segnati in 61 partite e tutti sono convinti che con quel fisico da gladiatore sia perfetto per sfondare nel calcio inglese e qualcuno lo paragona a John Fashanu (da non confondere con Justin, che ha indossato anche lui la maglia del City ma che è passato alla storia perché è stato il primo calciatore inglese a fare outing dichiarando di essere gay), il centravanti della “crazy gang” del Wimbledon che ha indossato anche la maglia della nazionale inglese.
Ma Caicedo non segue le orme di Fashanu, non segna valangate di gol e dopo due stagioni abbastanza anonime con appena 7 reti segnate (di cui 3 in Coppa Uefa) a gennaio del 2009 viene spedito in Portogallo e lì inizia il suo girovagare per l’Europa.

Eterna promessa mai mantenuta, nonostante i tanti gol segnati in nazionale, Caicedo vive in Spagna le sue annate migliori.
Al Levante, ad esempio, dove segna 13 gol in 27 partite di Liga. Levante è una tappa importante, perché in quella stagione Caicedo incontra la futura moglie, una ex modella diventata poi impresaria nel mondo della moda.
I gol segnati con la maglia del Levante convincono la Lokomotiv Mosca a spendere quasi 8 milioni di euro per portarlo in Russia, ma in due stagioni e mezzo con la maglia della Lokomtiv Caicedo segna meno di quello che aveva segnato in una sola stagione con il Levante giocando il doppio delle partite e a gennaio del 2014 viene spedito all’Al-Jazira.
Sembra l’epilogo di una carriera da promessa mai mantenuta, perché gli Emirati Arabi sono considerati una sorta di cimitero degli elefanti, l’ultima tappa di eterne promesse mai mantenute o di campioni che vanno a chiudere lì la loro gloriosa carriera in cambio di ingaggi stratosferici.
Ma Caicedo ad Abu Dhabi ci resta appena 6 mesi, giusto il tempo per convincere l’Espanyol a concedergli un’altra chance.

Caicedo torna in Spagna deciso a dare una svolta alla sua carriera visto che ha 26 anni, ma neanche a Barcellona riesce ad esplodere, nonostante due stagioni in doppia cifra (tra Liga e Coppa del Re segna 12 gol il primo anno e 10 il secondo) e la fiducia di tutto l’ambiente. Il resto, è storia recente.

A Roma, Caicedo è sbarcato tra lo scetticismo generale, dipinto subito come l’ennesimo “bidone” preso per far finta di tappare una falla, quella che si era aperta con la cessione di Keita.
E il primo anno da questo punto di vista è stato una sorta di Calvario per Caicedo, perché arrivato al posto di un ragazzo che l’anno prima aveva segnato 16 gol in campionato lui di gol in Serie A ne segna appena 3 e, soprattutto, ne sbaglia tanti, troppi.
Soprattutto quello a Crotone che avrebbe consegnato alla Lazio la qualificazione alla Champions League.
Invece, quel pallone spedito addosso a Cordaz quando solo in area  stato più facile segnare che centrare il portiere, ha mandato in frantumi il sogno ed è diventato una croce da portare sulle spalle per tutta l’estate.
Un’estate tormentata, in cui la Lazio ha provato ad offrire Caicedo a mezzo mondo ma senza risultati, perché alla fine il “panterone” è rimasto a disposizione di Inzaghi che a quel punto ha lavorato per ricostruirlo, sfidando anche la piazza e i fischi che hanno accompagnato le prime uscite stagionali di Caicedo.
Fischi che alla fine si sono tramutati in applausi, perché sfruttando anche le difficoltà di Immobile Caicedo non ha tradito la fiducia di Inzaghi. Anzi, è stato sempre decisivo.
Sì, perché tutte le volte che ha segnato la Lazio ha vinto e quelli dell’acuatoriano sono sempre stati gol pesanti.

Con quegli 8 gol segnati in 1230 minuti, Felipe Caicedo ha scacciato via fantasmi e critiche.
È diventato un personaggio, soprattutto grazie a quel gol segnato nel derby. Perché anche a Roma, si sa, chi riesce a segnare un gol nel derby (specie un derby vinto) conquista l’immortalità, come dimostra ampiamente quella scritta comparsa dopo la Stracittadina su un muretto di Roma e che è ben presto diventata virale su Instagram e su Twitter.

Eppoi la leggendaria Zona-Caicedo, che ha ormai soppiantato la Zona-Cesarini: Felipe ha siglato il 25% dei suoi 28 gol messi a segno in Serie A dopo l’89’.

E così a Genova accogliamo con gioia un’altro ragazzo dell’Ecuador, straordinario come lo sono tutti i ragazzi che partendo dalla terra dell’ombelico del mondo hanno aiutato la Superba col lavoro e la fatica.
E ad accoglierlo con ansia non c’è solo il popolo Genoano, ma anche l’enorme comunità ecuatoriana che vine nella nostra città e che da oggi ha un motivo in più per sentirsi perfettamente integrata sul nostro territorio e, perchè no, di tifare Genoa.

Bienvenido Felipe dal Genoa Club Portuali.

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(Andrea Moresi)

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