Frase scomoda da dirsi in un momento di intensi sentimenti tra l’emozione della “festa” e l’amaro della retrocessione.
Su quel palco in piazzale Kennedy, c’erano uomini intelligenti, scafati, personaggi avvezzi alla pressione tutti consapevoli di cosa fosse successo e di cosa si sarebbe dovuto fare.
Ai piedi di quel palco diverse generazioni, persone canute che ne avevano visto di ogni, accompagnate dalle nuove leve che dovevano elaborare la prima forte delusione.
Insomma tre, forse quattro, generazioni “felici” o comunque consapevoli di ciò che stava accadendo.
Vidi occhi lucidi, qualche pianto, soprattutto dai più anziani, ma tanta speranza.
Ieri ho visto le stesse facce gioire per il raggiunto obiettivo.
Ho visto nonni, forse bisnonni, festanti farsi fotografare con la bandiera e la sciarpa.
Ho visto gente della mia mezza età, essere felici come da tempo non accadeva.
Ho visto giovani crederci, cantare, incitare, urlare più forte che si potesse.
Ho visto bimbi, ancora ignari di ciò che stesse succedendo, festanti nei loro passeggini.
Ho visto un popolo in giubilo, riempire lo stadio, gridare, godere, avere un poco di timore, e poi esplodere in un urlo liberatorio.
Ho visto il popolo genoano riversarsi spontaneamente con ordine nelle vie cittadine. Le medesime vie teatro, non più di un anno fa, dello sfottò, giusto, e lo dico senza sarcasmo, di chi festeggiava la caduta dell’avversario.
Quelle vie ora avevano un’altra luce, traboccavano di gioia.
In maniera trasversale, dal bimbo al nonno.
Vie colme di emozione….
Ma tanto, per molti, è solo un gioco…..
ferra
